SANTERAMO
e, l’Antica Cinta Muraria Fortificata
con Torri Squadrate
(XII secolo??)
Carta Aragonese – Originale conservata nella
Biblioteca Nazionale di Parigi.
Mentre cercavo in rete notizie
sul Lago di Santeramo (studi citati nella pubblicazione
Sull’Antica Lupatia, che dovrebbe in parte corrispondere a partire
dall’attuale villa comunale) unica descrizione in Economia Rustica di
Luigi Granata, agronomo ed economista del Regno di Napoli, Volume I, pag 218 –
Napoli 1830: di laghi se ne contano tre, e poco considerevoli:
cioè due nel distretto di Altamura; il primo detto LAGO DI BATTAGLIA fra
Altamura e Cassano, il secondo senza nome nel territorio di S. Eramo.
Mi sono imbattuto nelle
cosiddette Carte Aragonesi (mappe aragonesi), con una quantità di
toponimi e microtoponimi del Regno di Napoli, ricopiati da mano misteriosa,
presumibilmente nella seconda metà del XVIII imitando un modello. Queste
antiche e preziose carte furono riscoperte da Vladimiro Valerio circa tre
decenni fa nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi e nell’Archivio di Stato di
Napoli, ormai da diversi anni sono al centro del dibattiti e ricerche.
Attualmente, si citano diversi contributi scientifici sull’utilizzo delle
stesse anche per finalità archeologiche. Queste mappe si rilevano molto
preziose per l’elevato numero di toponimi, relativo ad elementi antropici e
naturali, che sanno raccontare un paesaggio in cui si fondono e
sovrappongono riferimenti antichi e medievali.
Le Mappe Aragonesi sono
caratterizzate da una prospettiva a volo di uccello: in tale raffigurazione il
suolo viene riprodotto come se fosse osservato con un angolo visuale di 45°,
genericamente rivolto verso sud. Questa rappresentazione prospettica, unita ad
una deformazione e imprecisione geografica delle Mappe, rende quasi impossibile
la sovrapposizione delle stesse sulla contemporanea cartografia. Di
conseguenza, per una ben più facile lettura e interpretazione, è opportuno
utilizzare un software come Google Earth, il quale permette una visualizzazione
tridimensionale del paesaggio e di osservare il terreno attraverso una
prospettiva a volo di uccello.
L’analisi delle antiche carte geografiche aragonesi necessita di un approccio olistico che si ponga, quindi, ben oltre la mera lettura corografica. Mediante un approccio interdisciplinare, diacronico e sincronico, lo studio delle Mappe si rivela estremamente proficuo per la ricostruzione del paesaggio storico e per il rinvenimento
di antichi centri perduti.
L’individuazione del sito archeologico in località Tempa dei Greci,
probabilmente Aontia, permette di leggere chiaramente quanto questo ricco
patrimonio cartografico continui a comunicarci. La posizione dominante dalla quale
era consentita l’osservazione di un ampio areale, la presenza di sorgenti e la
collocazione all’interno di un antico sistema viario, si configurano come
caratteristiche distintive degli insediamenti lucani; si tratta degli stessi
caratteri che contraddistinguono l’altura di Tempa dei Greci. È auspicabile, in
futuro, l’avvio di progetti di ricerca sul campo (survey e scavi archeologici)
e di indagini non invasive (prospezioni geofisiche) finalizzate alla scoperta
di un antichissimo insediamento scomparso, la cui punta dell’iceberg è
rappresentata da un tratto di cinta muraria di probabile origine lucana.
A quale scrittura e a quale epoca rimanda il modello, o la commistione di modelli, che riusciamo ad individuare? Le iniziali sono redatte in scrittura maiuscola e il resto del testo di ciascuna parola in minuscola. Le peculiari modalità di esecuzione, caratterizzate dal fenomeno imitativo e dalla semplificazione collocherebbe il modello in un lasso cronologico preciso che va dalla seconda metà del XII al XV secolo, lasso nel quale è ascrivibile lo sviluppo di tale scrittura [1]
[1]Antonella Ambrosio – La
scrittura delle mappe Aragonesi Riflessioni ed ipotesi.
Al riguardo ho cercato in rete
un Autorevole studioso, il Prof. Fernando La Greca
Dalla corrispondenza con il
Prof. La Greca
Gent.mo Dott. Vito Zullo,
Le allego un dettaglio di una mappa aragonese inedita della Puglia,
conservata a Parigi, con l'area di suo interesse. La cittadina è denominata
S.to Eramo, e presenta una certa importanza, con una cinta fortificata.
Stiamo lavorando ad un Atlante delle mappe aragonesi, che potrebbe uscire
per fine anno; il reticolo che vede sulla carta non è originale, ma è stato
aggiunto in lavorazione per consentire poi di ritrovare i toponimi.
Finora, relativamente a queste mappe sono state studiate solo alcune zone
della Campania; tuttavia nei libri pubblicati e indicati qui sotto potrà
trovare anche notizie generali su queste mappe e sulla loro interpretazione.
Cordialmente
Fernando La Greca
Dr. Fernando La Greca
Ricercatore L-ANT/03 (Storia Romana)
Professore aggregato di Storia Romana
Dipartimento di Studi Umanistici
Università degli Studi di Salerno
Via Giovanni Paolo II, 132
84084 Fisciano (SA)
Italia
Gent.mo
Una delle misteriose particolarità di queste carte è che riportano
l'aspetto fisico e idrografico del territorio di molti secoli fa, probabilmente
di età medievale, se non prima, in un momento in cui c'era abbondanza di acque.
Se guarda con attenzione la carta che le ho inviato, vedrà che intorno a
Santeramo ci sono non uno ma due laghi.
Uno si trova a destra di Santeramo, presso il "Casale della
Corticella", e il lago, probabilmente con una sorgente, dà origine a un
fiume.
L'altro lago, piuttosto grande, si trova più in alto rispetto a Santeramo,
in mezzo alle colline, ed ha accanto i villaggi di Poggio e di Battallia.
Altri piccoli laghetti-sorgenti si vedono a sinistra di Santeramo, e anche
questi danno origine a un fiume. Accanto c'è il toponimo "Anticallie"
che, più che un villaggio, sembra indicare delle rovine archeologiche.
Per quanto riguarda il posizionamento degli elementi sulla carta, tenga
presente che questi antichi cartografi non sono precisi ma approssimativi, e
tuttavia abbastanza corretti per quanto riguarda l'area.
Nello specifico, gli elementi intorno a Santeramo si trovavano senza dubbio
in quell'area, ma potrebbero essere stati disegnati in modo approssimativo, in
un luogo diverso da quello reale, più a destra o più a sinistra, più in alto o
più in basso. Spero che queste osservazioni possano essere utili.
Mi faccia sapere i risultati delle sue ricerche.
Cordialmente
Fernando La Greca
Buon pomeriggio gentile Prof La Greca,
ho prestato molto attenzione alla carta inviatami, preziosissima, in quanto
conferma alcune situazioni, anche archeologiche, di ciò che altri autori
riportano nei secoli successivi (F.M. Pratilli e le carte rinascimentali – G.
A. Magini).
Riguardo al lago di destra di Santeramo, direzione Est,
sinceramente, dalle consultazioni delle carte, da Magini in poi, quella
formazione ben evidente sulla carta aragonese come “lago”, è sempre stata
indicata con il toponimo “cortelafico”, mai come LAGO (veda l’allegato
carta del Magini, ma in tutte le altre mappe a seguire, è sempre la stessa
situazione toponimica). Anzi, le dirò di più, è la prima volta che mi trovo
difronte al toponimo “Casale della Corticella” (sono diversi anni che analizzo
le carte e le fonti).
Nelle carte rinascimentali a partire dal Magini, al di sotto del toponimo Cortelafico
viene sempre riportato o Pozzo Moricchio o fiumicello Moricchio,
affluente principale (descritto da Rampoldi in Corografia dell’Italia, volume
3, pag 342) del fiume Lato o Lieto che giunge a Taranto.
La carta aragonese, più antica (1400 circa, presumo) descrive la realtà
idrografica del luogo, ovvero:
Doveva esserci un lago (che fino adesso si ignorava) sicuramente di natura
carsica (mi sono dimenticato che Santeramo è posizionato nell’altipiano delle
Murge, di origine tettonica) il suo nome? Non lo sappiamo (è importante capire
l’etimo dei due toponimi nelle vicinanze, di cui uno scomparso: Cortelafica o
Casale della Corticella).
Da questo lago si generava un fiumicello (Moricchio e pozzo) che terminava
nel fiume antichissimo il Lato/Leto/Lieto (Nicola Corcia, terzo tommo, Storia
delle Due Sicilie, dice che il nome Lato fu coniato dai Greci).
L’altro Lago in alto a Santeramo, direzione Nord, è il lago di Battaglia,
conosciuto è riportato su tutte le carte rinascimentali fino all’impaludamento
(ora scomparso). Descritto dal Rampoldi.
Di notevole interesse è invece il toponimo Anticallie che, più che un villaggio, sembra indicare delle rovine archeologiche (così come lei dice). CONFERMO! (allego cartografia)
Effettivamente, questa carta aragonese, conferma che in quell’area c’erano
delle rovine antichissime, mure antiche rovinate, né fa cenno il Pratilli,
nella: Della Via Appia riconosciuta e
descritta da Roma a Brindisi, pag 89.
Professore La Greca, il luogo anticamente chiamato Anticallie o Anticaglie (del
Pratilli) corrisponde al sito archeologico che va dal Neolitico (con tracce
della preistoria) all’età dei metalli: Villaggio neolitico trincerato di
Masseria Fontana di Talvo o Tavola.
Ahimè, questo sito, studiato e segnalato da me alla Soprintendenza dal
2010, nonché, una tesi di laurea magistrale coadiuvato dal Prof. Donato Coppola
(noto Paleontologo)……mai indagato, lasciato a sé, nonostante la disponibilità
del proprietario del terreno (bèh questa è altra storia).
Prof. Potrebbe leggermi bene il toponimo che si trova sotto anticallie, a
destra del rivolo, io leggo: ginestruola (potrebbe essere importante,
poiché nelle adiacenti zone ci sono altri siti archeologici, tenga presente che
scorreva la Via Appia Antica).
Ultima curiosità, ho notato che nella carta aragonese, Santeramo è
disegnata con una cinta muraria fortificata, mentre la vicina città di
Altamura, città più grande, n’è priva. Come spiega? (Altamura venne edificata
ed ampliata da Federico II di Svevia, forse in contrasto con gli Aragonesi??)
Grazie dell’attenzione
Buona giornata.
Vito Zullo
Gent.mo
Provo a rispondere, partendo dai toponimi.
Il toponimo che ha letto è Ginestuola, ma
tenga presente che queste carte sono state copiate e ricopiate, e quindi gli
errori di trascrizione possono essere tanti. Non so quale possa essere la
versione corretta.
Stessa cosa dicasi per gli altri toponimi. A sinistra
c'è Riciano. Sotto, Tolve. Tornando a destra, accanto
al laghetto di Santeramo, c'è Corte della Fica. Un po' più
sotto, Cisterna moresca.
Queste carte, solitamente, riportano toponimi locali
molto antichi e a volte sconosciuti.
Veniamo alle mura. Altamura sulla carta non ha mura di
cinta, ma nella parte alta del paese, un po' isolata, si vede una torre, che
può indicare una fortificazione o un castello. Un castello che protegge una
città non fortificata? E quando?
Accanto alla torre, c'è un segno grafico che sembra un
triangolo a scalini senza la base: viene utilizzato su queste mappe per
indicare dei ruderi antichi o resti archeologici.
Saranno le mura megalitiche? Forse. Comunque Altamura,
mi sembra (leggo da wikipedia, ma lei ne sa sicuramente più di me e può
correggermi) ebbe il suo muro di cinta dal 1285.
Ecco, secondo noi gli originali di queste carte sono precedenti.
Risalgono a un tempo in cui i rapporti fra le città e le loro caratteristiche
erano diverse.
Poi sono state ricopiate più volte, anche da persone
ignare dei luoghi, ma che hanno conservato la rappresentazione fisica dei
luoghi, hanno conservato il disegno, ed hanno casomai aggiunto qua e là qualche
nuovo toponimo.
Non conosco nei particolari la storia di Santeramo.
Faccio un'ipotesi, poi lei me la conferma oppure no: le mura di Santeramo sono
più antiche di quelle di Altamura, ovvero il centro medievale di Santeramo era
fortificato e/o accentrato con un grande castello o monastero, già da molto
tempo prima. Guardando con attenzione, si vedono torri squadrate, e un frontale
con finestre che potrebbe essere un palazzo, un castello o un monastero. All'interno,
due campanili con croci, dunque almeno due chiese molto antiche. Per Altamura
si vede un solo campanile.
Mi faccia sapere. E la ringrazio molto perché, con
questi dettagli, mi dà un grande aiuto nello studio delle mappe.
Le allego altri due spezzoni di carte. Una dal Magini,
più dettagliata, dove si vede con chiarezza che il toponimo Cortelofico è
collegato a un laghetto.
L'altro spezzone è da una carta di Rizzi Zannoni del
1769, che più o meno riprende le mappe aragonesi (allora furono scoperte).
Cordialmente
Fernando La Greca
Gentilissimo Prof. La Greca,
la Sua Autorevole analisi è preziosissima, andrebbero a
confermare quei pochi elementi su alcuni studi di Santeramo antica. Ovviamente,
essendo Lei un esperto conoscitore delle mappe aragonesi, delle
rappresentazioni grafiche (icone) ha potuto leggere in “Santeramo”,
quelle entità, quegli elementi, che sono riscontrabili in casi simili di città
antiche.
Prima di affrontare la Sua analisi dettagliata e della Sua
ipotesi, vorrei brevemente raffigurare la storia di Santeramo – antica.
Santeramo fù un centro della Peucezia, che
insieme ai Messapi e i Dauni formavano il popoli dei Japigii.
Opinione comune tra gli Autorevoli studiosi,
soprattutto di lingua germanica, Santeramo era l’antica città di Lupatia. Circa la
data di fondazione di Lupatia, o meglio della nascita del poleonimo, va
ipotizzata a cavallo fra il IX e la fine del VII secolo a.C. Considerati i
numerosi altri toponimi intorno a Canosa e la loro supposta origine
chiuso-perugina, parrebbe piú probabile una datazione alta. Ma questa,
ovviamente, richiede ulteriori riscontri. (allego uno stralcio di una
pubblicazione di cui sono il coautore, dal titolo: Sull’Antica Lupatia –
edizione Progedit Bari)
la dott.ssa Depalo della
Soprintendenza di Taranto responsabile dell’unico scavo in Santeramo nel centro
storico: «La fase protostorica di Santeramo,
caratterizzata dalla presenza di ceramica Japigia e dalla persistenza di forme
in impasto levigato di tradizione proto-villanoviana, trova numerosi elemento
di confronto nella fase di Gravina I, datata dallo 825 al 725 a.C. E, in
particolare, significativi sono i numerosi e puntuali confronti, con i motivi
decorativi riscontrati nella ceramica geometrica di Gravina, di recente
inserita dallo Yntema nella fase più antica della produzione Japigia, datata in
un arco cronologico che va dal IX agli inizi dello VIII secolo a.C. Le analogie
con Gravina I non sono evidentemente casuali, se si considera la posizione dei
due collocati, come i vicini centri di Altamura e Monte Sannace,
nell’entroterra della Peucezia, al margine dell’altopiano murgico, etc etc.»
Sarebbe stato molto utile
approfondire il perché si faccia riferimento a «persistenza di forme in impasto
di tradizione proto-villanoviana» senza dare una spiegazione del perché.
Probabilmente per le motivazioni
che il Colelli* ben evidenzia nella premessa del suo lavoro. Ma il Colelli ci
offre anche spunti di maggior precisione analizzando i reperti di ceramica da
impasto nello scavo della De Palo: ci dice che si tratta di «diversi frammenti
in impasto nero di ‘ciotole con orlo inflesso’; nel testo è segnalata la
presenza anche di esemplari con ‘costolature oblique’. La cronologia generale
dei contesti di riferimento è compresa fra il IX e l’VIII secolo a.C.» E
parlando delle ciotole con orlo inflesso precisa che «Questo genere, emblema
della produzione fine, sembra essere caratteristico di tutta l’Italia
meridionale e centrale (Etruria, Osteria dell’Osa) ma è ben attestato anche
nelle regioni settentrionali fino al Veneto».
*C. Colelli (2012) “L’evoluzione
delle popolazioni indigene dell’Italia meridionale e le dinamiche interne ad
esse, sono state in passato spesso trascurate a favore di una visione
ellenocentrica, volta ad indagare le genti italiche solo in funzione di una
maggiore comprensione dell’elemento portatore di una cultura dominante e perciò
considerata superiore”. Tesi di dottorato presso l’Università di Groningen.
Ritornando all’esame iconografica da Lei descritta:
……..le
mura di Santeramo sono più antiche di quelle di Altamura, ovvero il centro
medievale di Santeramo era fortificato e/o accentrato con un grande castello o
monastero, già da molto tempo prima. Le chiedo…….fortificato
già da molto tempo prima…….Da quando secondo Lei??Potrebbe ipotizzare una data
approssimativamente, sulla base della Sua Autorevole professionalità ed
esperienza. Le posso dire, al riguardo, che mi capito tra le mani un documento
notarile del 1500 dove il centro storico veniva indicato con…..BORGO o TERRA
VETERA! Qualche studioso da me interpellato, asseriva che il termine VETERE
potesse portare indietro nel tempo di un paia di centinaia di anni (1500 – 300
anni), mentre qualcuno addirittura molto prima dell’anno 1000 (quest’ultima ipotesi
calzerebbe sulla Sua, ovvero sulla fortificazione da molto tempo prima.
……Guardando
con attenzione, si vedono torri squadrate. Le torri squadrate risalgono, anche, all’età ellenistica, le città greche
prediligevano quelle rettangolari o quadrate.
……un
frontale con finestre che potrebbe essere un palazzo, un castello o un
monastero. Su questi elementi si dovrà capire, se
contestualizziamo al periodo ellenistico, se trattasi di edifici pubblici.
…..All'interno,
due campanili con croci, dunque almeno due chiese molto antiche. Le due chiese
antiche? Le poche fonti parlano di una chiesa romanica datate intorno XIII
secolo e di un’altra del XV, infine una cappella XII. Ammenoché quelle menzionate erano state
rifatte su quelle due
chiese molto antiche.
Nell’ultima
pagina del PDF c’è una cartografia di Santeramo del 1700, la stessa è molto
distante, iconograficamente, da quella rappresentata nelle carte aragonesi.
Attendo
Sue notizie.
Grazie
ancora della disponibilità.
Buona
serata
Gent.mo
La parte fisica delle carte potrebbe essere davvero molto antica, di età
romana, ma la parte con i toponimi e gli insediamenti sicuramente no.
Penso che per questi dati, e anche per la raffigurazione di Santeramo, non
si possa andare più indietro dell'anno 1000, all'incirca.
Anche i dettagli delle raffigurazioni spesso sono approssimativi; questo
dipende dai copisti che di volta in volta vi hanno lavorato; in genere però
rispettano i disegni precedenti.
Assolutamente va escluso il periodo ellenistico-romano per i vari centri.
Quando ci sono resti antichi, sono segnalati dalla dicitura
"ruine" o "diruto" o da un simbolo grafico.
Cordialmente
Fernando La Greca
Particolare della Carta
Aragonese – Originale conservata nella Biblioteca Nazionale di Parigi. E’ ben visibile
la rappresentazione grafica della cinta muraria fortificata con tre torri
squadrate e due chiese all’interno. (la carta ricevuta grazie al Prof. Fernando
La Greca, esperto delle carte ARAGONESI.
Nella stessa
carta aragonese ho notato la città di Altamura priva di cinta muraria con una
chiesa (fatta eccezione di un simbolo [mulino a vento] che dovrebbe, secondo il
Prof. La Greca, riferirsi ad un sito archeologico – le mure megalitiche?)
rispetto a Santeram con cinta muraria fortificata, con tre torri
squadrate e due chiese.
Altamura ebbe
il suo muro di cinta nel 1285 voluto da Federico II, per cui la
rappresentazione grafica Santeramo era
un centro importante probabilmente fù fortificato a seguito della seconda
colonizzazione dei Bizantini, oppure ancor più antico? (sono in corso studi)
Linea arancione probabile
tracciato dell’antica cinta muraria ( resti di muratura con blocchi squadrati
sono stati rinvenuti nell’abitazione del proprietario Luca Pontrandolfo). Mappa
del 1879
Nel 1980 la Soprintendenza di
Taranto effettuo degli scavi.
la Depalo responsabile
dello scavo: «La fase protostorica di Santeramo,
caratterizzata dalla presenza di ceramica Japigia e dalla persistenza di forme
in impasto levigato di tradizione proto-villanoviana, trova numerosi elemento
di confronto nella fase di Gravina I, datata dallo 825 al 725 a.C. E, in
particolare, significativi sono i numerosi e puntuali confronti, con i motivi
decorativi riscontrati nella ceramica geometrica di Gravina, di recente
inserita dallo Yntema nella fase più antica della produzione Japigia, datata in
un arco cronologico che va dal IX agli inizi dello VIII secolo a.C. Le analogie
con Gravina I non sono evidentemente casuali, se si considera la posizione dei
due collocati, come i vicini centri di Altamura e Monte Sannace,
nell’entroterra della Peucezia, al margine dell’altopiano murgico, etc etc.»
Sarebbe stato molto utile
approfondire il perché si faccia riferimento a «persistenza di forme in impasto
di tradizione proto-villanoviana» senza dare una spiegazione del perché.
Probabilmente per le motivazioni
che il Colelli* ben evidenzia nella premessa del suo lavoro. Ma il Colelli ci
offre anche spunti di maggior precisione analizzando i reperti di ceramica da
impasto nello scavo della De Palo: ci dice che si tratta di «diversi frammenti
in impasto nero di ‘ciotole con orlo inflesso’; nel testo è segnalata la
presenza anche di esemplari con ‘costolature oblique’. La cronologia generale
dei contesti di riferimento è compresa fra il IX e l’VIII secolo a.C.» E
parlando delle ciotole con orlo inflesso precisa che «Questo genere, emblema
della produzione fine, sembra essere caratteristico di tutta l’Italia
meridionale e centrale (Etruria, Osteria dell’Osa) ma è ben attestato anche
nelle regioni settentrionali fino al Veneto».
*C. Colelli (2012) “L’evoluzione
delle popolazioni indigene dell’Italia meridionale e le dinamiche interne ad
esse, sono state in passato spesso trascurate a favore di una visione
ellenocentrica, volta ad indagare le genti italiche solo in funzione di una
maggiore comprensione dell’elemento portatore di una cultura dominante e perciò
considerata superiore”. Tesi di dottorato presso l’Università di Groningen.
La seconda cinta muraria
realizzata 1576 circa, ad opera del Marchese Ottavio Caraffa feudatario di
Santeramo
I TOPONIMI riportati
sulla mappa aragonese.
ANTICALLIE - toponimo
Particolare della mappa con l’indicazione del toponimo AnticallieRICIANO – toponimo - Questo toponimo si riscontra nell’area di Siena (Toscana)
Da notare la rappresentazione grafica di “ruderi” - elemento importantissimo che conferma un antico insediamento. E' accertato che in fontana di tavola è sede del VILLAGGIO NEOLITICO TRINCERATO VIII millennio a.C.