lunedì 6 aprile 2020

FEUDO della MORSARA

Santeramo, dopo la caduta dell’abitato Peuceta, rimasta orfana per molto tempo, il suo territorio fu conteso tra Matera (a Sud- Sud/Ovest) ed Acquaviva delle Fonti (Nord-Nord/Est).
 

Sono partito da un documento del XIV sec. nel quale veniva citato il toponimo Morsam , quasi ad indicare un luogo abitato, termine ripreso nel Libro dal Prof Pietro Dalena: Da Matera a Casalrotto-civilta' delle grotte e popolamento rupestre. Interpellato il Prof. Dalena, mi risponde che:  Penso si tratti di un insediamento demico.

 

Nel Fondo Carafa-Caracciolo (Archivio di Stato di Bari) trovo:

1560 marzo 10, Santeramo in Colle

Francesco Iacobellis, utriusque iuris doctor di Gioia del Colle, vende a Giovanni Tommaso Carrafa di Napoli, figlio del defunto [Antonio Francesco], conte di Ruvo, un feudo disabitato, denominato “Lo feudo della Morsara”, con una torre, varie fosse per il grano, grotte, pozzi, paludi ed altre pertinenze, sito in territorio di Matera, dell‟estensione di 696 tomoli, secondo la vecchia misura della terra di Santeramo in Colle, - acquistato dai fratelli Angelo, utriusque iuris doctor, Cesare, Stefano, Agapito ed Orazio de Episcopo, da Gaspare Cotignola e dai fratelli Giovanni Maria, Fabio e Ascanio de Arcella, tutti di Acquaviva delle Fonti, - per il prezzo di 655 ducati e 3 tarì.

Tenuto conto che la Soprintendenza di Taranto, nella zona, individuò un insediamento Ellenistico del IV sec a. C. (masseria Giandomenico), il quale fu abitato per lungo tempo, a seguito dei rinvenimenti di monete imperiali e vasellame (potrebbe, lo stesso, confluito nell’abitato “demico” del prof. Dalena??, il relitto della Morsaram??).

Riguardo al Feudo, doveva essere localizzato nell’area da me segnata con cerchio rosso, nelle vicinanze della torretta (cerchio giallo) e adiacente al sito peuceta di masseria giandomenico (cerchio verde), dove è anche localizzato un villaggio neolitico trincerato (segnalato e confermato dalla Soprintendenza). Vedi allegato.

 

Bèh, ho cercato di capire qualcosa attraverso il toponimo Morsara

 

Riguardo al toponimo Morsaram, gia' un documento precedente (1195 pergamena del Codice Diplomatico Barese, siamo a ritroso di circa 200 anni) veniva riportato come Lama Ursara, quest'ultimo, secondo un principio di deglutinazione: dovrebbe derivare dal latino in Lama Ursaria diventando in volgare Lama Orsara per semplice elisione, Lamâ Orsara, poi Lamorsara e quindi, poiché il La iniziale e' sentito come articolo, giunge cosi' a La Morsara.

 

Quindi la radice d'interesse è "Ursaria" ed è' li che bisogna cercare ed analizzare. Tutto quello che attiene a Morsaram, Morsara, Mors e' inesistente etimologicamente perché interamente da ascrivere alla deglutinazione.
La radice d'interesse è URSARIA




 Son partito da questo toponimo e, mi sono chiesto se potevo collegarlo al nome Ursentum.



Il nome di Ursentum (Ursentini, antichi  popoli Lucani, citati da Plinio) sembra derivare dal luogo abitato dagli orsi, come Ursaria nell’Istria. Questo per la frequenza di popoli nell'area di masseria Giandomenico, abitato frequentato fino età imperiale.

E’ lo stesso Plinio il vecchio, che ricorda gli Ursentini, come popoli dell’orso (PLINIO IL VECCHIO, Naturalis historia, VIII, 54.). Plinio non ha mai serbato alcun ordine topografico, per cui è ancora ignota la sua localizzazione


Il toponimo risale ad una forma osca derivata dal sostantivo latino ursus „orso‟ < IE *rek‟sos „orso‟.

L‟uscita -entum deriva dal suffisso collettivo IE *uent „pieno di‟. Alcuni linguisti (UTET) prediligono la derivazione da una radice pre-IE *urs-.

Ursaria (santeramo, un tempo il territorio era di pertinenza di Matera – Lucania)

Terras Lama Ursaria = Luoghi di Orsi

È ragionevole ipotizzare l’accostamento di Ursentum con Ursaria , entrambi etimologicamente derivanti da “orso”,

è possibile anche che il luogo di lama ursaria (territorio di Matera, quindi Lucania) , chiamata così perché un tempo abitato dalle tribù degli Ursentini.


Ho avuto uno scambio di opinioni con vari linguisti, di cui uno in particolare il Prof. Borghi


ecco la risposta (prof Borghi):

Il massimo collegamento con cui si possono unire l'etnico Ursentinī (il passo di Plinio mi risulta però III, 98 = III, 15, no?) e Lama Ursārĭă* è il nome comune dell'orso. Se Ursentinī (o la sua verosimile base derivazionale, il toponimo *Ursentum) deriva dal nome dell'orso (il che è solo un'ipotesi; è la più verosimile, ma resta pur sempre un'ipotesi), questo nome dell'orso sarà quello osco (generalmente ricostruito come *orss, dal protoitalico *orsos) e la motivazione sarà che in zona c'erano orsi o qualche elemento loro correlato; da questo stesso fatto può aver avuto origine la qualifica – stavolta latina e non osca – di Ŭrsārĭă detta della Lama (che non è per forza di origine preindoeuropea). Ŭrsĕntīnī e Lamă Ŭrsārĭă* possono dunque essere entrambe formazioni sul nome comune dell'orso; non c'è invece alcun rapporto più stretto (Ŭrsārĭă – che è solo latino, non osco – non deriva direttamente né da *Ŭrsĕntŭm né da Ŭrsĕntīnī).

 La mia controrisposta (vito zullo)


Il Ursaria*, deriva dal latino ŭrsŭs;

Ursentinī (o la sua verosimile base derivazionale, il toponimo *Ursentum) deriva dall’osco, generalmente ricostruito come *orss, dal protoitalico *orsos  (ipotesi, la più verosimile). Quindi:

Ŭrsĕntīnī e Lamă Ŭrsārĭă* possono dunque essere entrambe formazioni sul nome comune dell'orso;

Ŭrsārĭă – che è solo latino, non osco – non deriva direttamente né da *Ŭrsĕntŭm né da Ŭrsĕntīnī.

Premesso ciò, vorrei aggiungere che adiacente, ripeto adiacente a lame ursare, ci sono due toponimi:

Corrente del toro ; Lama di lupo . Entrambi animali totemici delle popolazioni italiche, tra cui gli Osco (di cui i Lucani/Ursentini) .

C’è un nesso???Con la nostra questione di Ŭrsĕntīnī e Lamă Ŭrsārĭă

risposta del prof Borghi

   Il nesso con Lama di lupo e Corrente del toro è che sono tutti e tre toponimi di motivazione terionimica, ognuno da un grosso mammifero diverso; inoltre sono tutti e tre (neo)latini, quindi il rapporto con Ŭrsĕntīnī sta solo nella comune motivazione terionimica, ma l'epoca è diversa, più tarda (Ŭrsĕntīnī può essere prelatini, gli altri tre no, al massimo possono essere traduzioni di nomi prelatini)

controdeduzione (vito zullo)

Mi scusi, sono abituato a ragionare e ad avere dubbi. Se:

Ŭrsārĭă  –è solo latino;

Ŭrsĕntŭm - Ŭrsĕntīnī  è prelatino;

Entrambi stesso significato, cioè Orso .

Ŭrsĕntŭm - Ŭrsĕntīnī, perché OSCO???



A) per il significato???


B) per averlo citato Plinio come appartenente ai popoli Lucani/enotri ????

Sono tutte ipotesi. Potrei ipotizzare,  che Ŭrsārĭă é stata latinizzata da una parola prelatina di derivazione OSCO, visto il significato uguale.

Oppure altra lingua prelatina, la stessa della parola Ŭrsĕntŭm - Ŭrsĕntīnī (se non OSCO).

risposta del prof Borghi

Pensavo all’osco appunto per l’appartenenza ai Lucani (visto che non c’è una localizzazione sicura); l’alternativa sarebbe il peucezio-messapico, tuttavia meno probabile, perché “orso” si dice ŭrsŏ-  o simili solo nelle lingue italiche (in messapico sarebbe del tutto diverso, qualcosa come *ărxtăs).

Se Ŭrsārĭă* è una latinizzazione di una parola osca, quest’ultima sarebbe *Ŭrsāziiú

Concludo dicendo che sono tutte ipotesi, di cui la mia potrebbe, condizionale d'obbligo, essere la più veritiera

Archivio di stato di Bari (piantina richiesta con il diritto di autorizzazione alla pubblicazione su questo blogger).








mercoledì 20 febbraio 2019

RELAZIONE SULL'INTERVENTO DI SCAVO EFFETTUATO DALLA SOPRINTENDENZA DI TARANTO DAL 7 AL 28 MAGGIO 1980


La relazione completa è in mio possesso (appena possibile la pubblicherò su questa pagina)



a pag. 5 della relazione, è riporto un importante dato: un interessante pesetto da telaio con il bollo su entrambi i lati  - una sfinge alata



Il sigillo come strumento dell’amministrazione e specchio della società

Il peso da telaio è stato bollato con un anello, appartenente ad una famiglia della peucetia? Oppure Messapica, Greca o addirittura di altra stirpe. Le sfinge erano raffigurazioni Egiziane e Greche.
 
 
Ecco l'interessante risposta del Prof Alastair Small

Gentile Sig. Zullo

Rispondo prima a questo, della sfinge. Grazie della bella immagine. E` un buon pezzo. Non conosco un altro peso bollato con una sfinge. Il motivo è` assai ben conosciuto, comunque, in castoni del V e IV sec. a.C., come nel esempio allegato (da Gisela Richter, Catalogue of the Engraved Gems in the Metropolitan Museum of Art, New York (1956), pl. XLIX, 190). La sua sfinge è stata bollata con un castone del genere, ma la forma della sfinge è` piuttosto attenuata, e quindi databile più probabilmente nel IV che nel V sec.

Il motivo della sfinge seduta (come questa) divenne il simbolo della polis greca di Chios nel Mar Egeo, e i chioti bollavano spesso le loro anfore vinarie con una sfinge del genere di solito accompagnata da un'anfora. Ma nessuna comunità` italica o italiota l'utilizzavano come simbolo della polis. Non escludo la possibilità` che una famiglia peuceta del periodo l'espropriava come simbolo personale, ma non credo che sarebbe stato ampiamente conosciuto.

 
Cordiali saluti  Alastair Small




 Gentile dott. Zullo,
grazie per questo magnifico esemplare. Non avevo nemmeno io mai visto una raffigurazione di questo genere su peso da telaio e certamente non è un semplice motivo iconografico. NOn mi è chiaro il contesto di rinvenimento: due insediamenti di che natura? Domestica, cultuale? Cosa? Mi sembra comunque che Lei abbia intrapreso un ottimo filone di approfondimento. Certamente va approfondita la simbologia della sfinge e chi e perché ne fece uso. Il contesto è fondamentale per capire il suo signoficato.
Mi tenga aggiornata e ricordi che dirigo una rivista di fascia A on-line. Se dovesse servire può sempre presentare un contributo lì. Essendo il ritrovamento legato agli scavi sarebbe adatto
un cordiale saluto e un augurio di buon lavoro
Helga
Helga Digiuseppe (archeologa svizzera)

Considerazioni del Prof Antonino Facella
Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia
Università di Genova
Via Balbi, 2 - 16126 Genova

Buongiorno sig. Zullo,
non l'ho contattata perché, pur avendo letto il resoconto di scavo, non saprei cosa aggiungere a quanto dettole da Helga di Giuseppe. Bisognerebbe capire il significato della sfinge in quel contesto. Di solito la sfinge si riferisce al passaggio all'aldilà, ma può avere anche altri significati. Nel nostro caso, il simbolo deve essere riferito a chi era proprietario del telaio, ma è quasi impossibile per noi capire che cosa volesse significare per lui/lei. Le consiglio di cercare in qualche testo aggiornato di mitologia classica se ci sono studi sul significato del simbolo della sfinge in contesti indigeni ellenizzati dell'Italia meridionale, o in generale sul significato della sfinge.
Altro non saprei dirle al momento.
Se mi venisse in mente qualcosa glielo riferirò subito.
 
Diversamente solo le considerazioni del mio amico Auro Pampaloni, coautore del libro sull'antica Lupatia, lui, dopo aver fatto approfondimenti ,cosi commenta:
 
Certo è che la sfinge riprodotta presenta somiglianze con quella di Chiusi.

 
particolare
 



 

TAVOLE DI SCAVO


L’abitato moderno di Santeramo era impostato su di un’area di frequentazione antichissima.
Costituito da strutture murarie con andamento curvilineo. Le fondazioni erano formate da tre allineamenti affiancati di blocchi calcarei informi, con spessore delle fondazioni di cm 30-40. Pavimento battuto in concotto e tufina.
La Dimensione: mq 28
Fu rinvenuto un fornello costituito da sottili strati sovrapposti di pietrisco, argilla e carbone, poggianti su di un piano di piccole lastre calcaree, sovrastante una grossa chiazza di cenere e carbone (nella relazione dello scavo)

CRONOLOGIA: IX –VIII sec. a.C.


L’insediamento peuceta di Santeramo, appartiene alla tipologia dei centri situati all’interno (entroterra) si sviluppò sul promontorio che dominava tutta l’area circostante, posizione geografica di controllo, sfruttando quelle che erano le caratteristiche idrogeomorfologiche del terreno, in corrispondenza dei territori fertili, solchi torrentizi o bacini di raccolta delle acque piovane, le lame e, in presenza di antiche cavità carsiche (GROTTE). E’ accertata la presenza dell’antico lago carsico.

Come tutti i centri Peuceti, l’antica Lupatia era caratterizzata dalla necropoli che si estendeva nei pressi,  ma distinta dall’abitato, vero e proprio. Le necropoli erano sentite come aree appartate, rispetto agli spazi riservati all’insediamento, questa pratica durerà fino alla metà del VI sec.
Successivamente, l’organizzazione della città di Lupatia, a seguito dell’attività agricola, molto probabilmente si sviluppo “a macchia di leopardo”, costituiti da nuclei abitativi a carattere sparso e, differenziati, da un numero limitato di capanne, non molto lontane le une dalle altre, inframmezzate da spazi vuoti. Praticamente vi era un nucleo centrale e vari nuclei minori.
Questa tipologia è confermata dalla pratica funeraria di seppelimento vicino alle abitazioni. 




materiale rinvenuto in zona convento

E' stato tutto segnalato da me alla soprintendenza di Taranto nell'agosto 2010


 

mercoledì 6 dicembre 2017

Achille giovane alla corte di Licomede a Skyros

Questi tre frammenti sono stati rinvenuti nel sito peuceta di masseria Bonifacio, nel 2010.



 unione dei pezzi 2 e 3
 

Così commenta il dr. Philip M. Kenrick dell'Università di Oxford, da me interpellato:
Questi pezzi fanno parte di un vassoio rettangolare fatto a matrice in terra sigillata chiara africana (da Sidi Marzouk Tounsi in Tunisia centrale). Accludo une foto da un mio calendario molto vecchio di un esemplare nel Prähistorische Staatssammlung in Monaco di Baviera. Il tema è la vita di Achille, ed in periferia ho indicato i dettagli relativi: in basso c'è il lepre tenuto dalle zampe da un centauro ed a destra una scena di Achille giovane alla corte di Licomede a Skyros, dove si vede l'ammirante di Achille Deidameia seduta e filando la lana.
 Questo vassoio e queste scene sono trattati in dettaglio da M. Mackensen (in tedesco - mi dispiace) in "Tonpatrizen und Vorlagen figürlicher Darstellungen auf spätantiken nordafrikanischen Sigillataplatten der Form Hayes 56", Kölner Jahrbuch 37 (2004) 791-804.
 La forma è Hayes, Late Roman Pottery, Form 56 (trattato sicuramente nel Atlante I, ma non mi ricordo del numero). La datazione dipende più o meno da confronti in argento, è rimane la seconda metà del quarto secolo d.C. o un po' più tardo.
 
ecco il vassoio simile (ricevo, in allegato, l'immagine) citato dal dr. Philip M. Kenrick   
 
esemplare in Monaco di Baviera

 il dr. Kenrick, ha cerchiato in rosso le figure corrispondenti ai pezzi rinvenuti in Bonifacio a Santeramo, i quali farebbero parte del vassoio simile a quello presente nel Prähistorische Staatssammlung in Monaco di Baviera.
 
 
Treccani                                                                                                                                                                                    Deidamia. - Personaggio mitico, le cui vicende sono narrate nell'Achilleide di Stazio. Figlia di Licomede, re dell'isola di Sciro (Sciro (gr. Σκρος) Isola della Grecia nel Mare Egeo, la più orientale delle Sporadi settentrionali, a E dell’Eubea). , dove Teti aveva nascosto Achille vestito di abiti muliebri per sottrarlo alla guerra di Troia, fu sedotta dall'eroe, cui diede un figlio, Pirro. È l'ultima nella serie delle figure femminili che Virgilio racconta essere state accolte nel Limbo per le loro virtù, in Pg XXII 114 e con le suore sue Deidamia.
Il nome di Deidamia compare ancora nella perifrasi allusiva cui Virgilio ricorre nell'ottava bolgia del cerchio VIII dell'Inferno per spiegare a D. che la fiamma a due punte posta loro dinanzi racchiude le anime di due consiglieri fraudolenti, Ulisse e Diomede, i quali, venuti all'isola di Sciro fingendosi mercanti, avevano mostrato ad Achille delle armi nascoste sotto alcuni indumenti femminili da loro messi in vendita, per indurlo ad abbandonare Deidamia e a seguirli alla guerra: If XXVI 61-62 Piangevisi entro l'arte per che, morta, / Deîdamia ancor si duol d'Achille.
Ora non ci resta che approfondire con studi scientifici e, capire come mai in Santeramo, nel sito di masseria Bonifacio era presente questo vassoio, di cui uno simile e nel museo di Monaco di Baviera. E' ragionevole ammettere, che il sito peuceta di Bonifacio, privo di nome, era abitato da una popolazione di ceto alto.

Ho chiesto al dr.  Philip M. Kenrick  un Suo Autorevole intervento in Santeramo.