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mercoledì 6 dicembre 2017

Achille giovane alla corte di Licomede a Skyros

Questi tre frammenti sono stati rinvenuti nel sito peuceta di masseria Bonifacio, nel 2010.



 unione dei pezzi 2 e 3
 

Così commenta il dr. Philip M. Kenrick dell'Università di Oxford, da me interpellato:
Questi pezzi fanno parte di un vassoio rettangolare fatto a matrice in terra sigillata chiara africana (da Sidi Marzouk Tounsi in Tunisia centrale). Accludo une foto da un mio calendario molto vecchio di un esemplare nel Prähistorische Staatssammlung in Monaco di Baviera. Il tema è la vita di Achille, ed in periferia ho indicato i dettagli relativi: in basso c'è il lepre tenuto dalle zampe da un centauro ed a destra una scena di Achille giovane alla corte di Licomede a Skyros, dove si vede l'ammirante di Achille Deidameia seduta e filando la lana.
 Questo vassoio e queste scene sono trattati in dettaglio da M. Mackensen (in tedesco - mi dispiace) in "Tonpatrizen und Vorlagen figürlicher Darstellungen auf spätantiken nordafrikanischen Sigillataplatten der Form Hayes 56", Kölner Jahrbuch 37 (2004) 791-804.
 La forma è Hayes, Late Roman Pottery, Form 56 (trattato sicuramente nel Atlante I, ma non mi ricordo del numero). La datazione dipende più o meno da confronti in argento, è rimane la seconda metà del quarto secolo d.C. o un po' più tardo.
 
ecco il vassoio simile (ricevo, in allegato, l'immagine) citato dal dr. Philip M. Kenrick   
 
esemplare in Monaco di Baviera

 il dr. Kenrick, ha cerchiato in rosso le figure corrispondenti ai pezzi rinvenuti in Bonifacio a Santeramo, i quali farebbero parte del vassoio simile a quello presente nel Prähistorische Staatssammlung in Monaco di Baviera.
 
 
Treccani                                                                                                                                                                                    Deidamia. - Personaggio mitico, le cui vicende sono narrate nell'Achilleide di Stazio. Figlia di Licomede, re dell'isola di Sciro (Sciro (gr. Σκρος) Isola della Grecia nel Mare Egeo, la più orientale delle Sporadi settentrionali, a E dell’Eubea). , dove Teti aveva nascosto Achille vestito di abiti muliebri per sottrarlo alla guerra di Troia, fu sedotta dall'eroe, cui diede un figlio, Pirro. È l'ultima nella serie delle figure femminili che Virgilio racconta essere state accolte nel Limbo per le loro virtù, in Pg XXII 114 e con le suore sue Deidamia.
Il nome di Deidamia compare ancora nella perifrasi allusiva cui Virgilio ricorre nell'ottava bolgia del cerchio VIII dell'Inferno per spiegare a D. che la fiamma a due punte posta loro dinanzi racchiude le anime di due consiglieri fraudolenti, Ulisse e Diomede, i quali, venuti all'isola di Sciro fingendosi mercanti, avevano mostrato ad Achille delle armi nascoste sotto alcuni indumenti femminili da loro messi in vendita, per indurlo ad abbandonare Deidamia e a seguirli alla guerra: If XXVI 61-62 Piangevisi entro l'arte per che, morta, / Deîdamia ancor si duol d'Achille.
Ora non ci resta che approfondire con studi scientifici e, capire come mai in Santeramo, nel sito di masseria Bonifacio era presente questo vassoio, di cui uno simile e nel museo di Monaco di Baviera. E' ragionevole ammettere, che il sito peuceta di Bonifacio, privo di nome, era abitato da una popolazione di ceto alto.

Ho chiesto al dr.  Philip M. Kenrick  un Suo Autorevole intervento in Santeramo.   
 
 


 
 
 


 
 
 
 

giovedì 5 ottobre 2017

Storia del toponimo di Santeramo

STORIA DEL TOPONIMO SANTO ERAMO

fonti:

a) Il toponimo Sanctum Eramum compare per la prima volta in un documento “privilegio di Costanza”, conservato, in originale, nel Tabulario diSanta Maria la Nova, ed è datato Palermo 1196 dicembre, XVI Ind.
 
b)La pergamena del 1180 (Codice Diplomatico Barese) descrive “un monastero di Sant’Erasmo” nel territorio di Acquaviva, così come nel 1193, nel 1217, nel 1219 e infine nel 1249 (C.D.B.).Mentre compare l’agiotoponimo, ovvero il nome del martire Erasmo a partire dalla pergamena del C.D.B. del 1249, dove Innocenzo IV avverte l’arcivescovo di Bari che il monastero di sant’Erasmo è reintegrato nel possesso della “villa di sant’Erasmo” e nella successiva pergamena del 1255 diventa “casale di sant’Erasmo”.
 

Stando al Garufi (diplomatista e paleografo italiano), il documento più antico relativo a Santeramo risalirebbe al 1136 e nello stesso si fa menzione della chiesa di Sant’Angelo. Questo documento è stato recentemente studiato da Franco Dell’Aquila, mentre un’analisi della chiesa rupestre, sempre di Sant’Angelo è stata recentemente pubblicata da R. Caprara, il quale ha appurato la presenza di elementi rapportabili certo al sostrato culturale protobizantino e longobardo.
 A bocce ferme!! Partiamo dal documento del Garufi.
Riguardo al Garufi, il documento del 1136 riporta le due espressioni:
viam que venit a Bitecto et vadit ad Sanctum Eramum 
venit a gravina et vadit ad Sanctum Eramum
Premesso che, entrambe sono strade preclassiche che portavano sulla strada dell’eremo di Sant’Angelo, la prima era  il percorso enfatizzato NORD-SUD (Trani-Santeramo-Viglione-Metaponto) la seconda era il raccordo dell’antica via Peuceta che proveniente da NOCI, passava per MONTE SANNACE-SANTO MOLA, SANTERAMO, proseguiva per CASAL SABINI, ALTAMURA , GRAVINA.  Non c’erano altre strade principali.
Entrambi periodi, utilizzano la preposizione “ad”  (ad Sanctum Eramum). E’ possibile che la preposizione “ad” indichi qualcosa tipo “Sulla strada per…..”, appunto,  sulla strada della chiesa/ eremo /santuario/monastero di  Sant’ Angelo  (Eremo micaelico Longobardo) , anziché riferito ad un agglomerato di case, villaggio, casale, insediamento ecc. (quindi Santeramo come paese)
 questa tesi dovrebbe essere confortata dal seguente studio analitico:
a)      Il documento del 1136, è transunto del diploma del 1196, per cui il 1136 dovrebbe essere un falso, così come afferma il Prof.  Pietro DALENA: la falsità patente del documento del 1136 è di ordine diplomatistico e giuridico;
b)      In un documento del 1195 C.D.B.  (cioè un anno prima del 1196) riporta una descrizione dettagliata del territorio di Santeramo, con vari toponimi dell’area, di cui uno in particolare: que venit ad lacumetanum et vadit ad curtem defica.
Il toponimo lacumetanum oggi Via Magna Grecia (dove abito ora) è, a circa un km dall’attuale centro storico (paese vecchio di Santeramo), per cui se esisteva un villaggio/casale/insediamento/agglomerato urbano, sarebbe stato menzionato nel diploma e, sarebbe stato menzionato il nome di quel paese;
c)       Guidone, il cartografo Bizantino, che si presumeva  essere Pugliese per le sue conoscenze del territorio, nel 1119 riporta ancora LUPATIA ( opinione comune tra gli Autorevoli studiosi) ricordata nella Tabula Peutingeriana e nell'Itinerarium Provinciarum di Antonino, da cui lo stesso Guidone, ricava le sue informazioni. E’ probabile che l’insediamento conservasse ancora il relitto toponomastico di LUPATIA (distrutta come le altre città della Peucetia), da cui Guidone ricava l’informazione, diversamente avrebbe inserito altro nome indicando appunto il luogo ove sorge l’attuale Santeramo.
Ora analizziamo un altro percorso storico contestuale, ai fatti delle due pergamene ovvero del 1195 e 1196 (la 1136 è un falso).
Intorno al XII secolo è menzionato un monastero di Sant’Erasmo , non si conosce l’esatta ubicazione, ma presumibilmente nel territorio tra Acquaviva e Santeramo, quest’ultimo territorio, appunto di Santeramo era di pertinenza di Acquaviva (Santeramo o altro toponimo non esisteva). E’ affatto discrasico l'accostamento al martire erasmiano il cui culto venne rinfocolato dalla fine dell'XI secolo, nella nuova temperie politica normanna che favorì l'aggregazione demica attorno a luoghi di culto precedentemente bizantini che risultavano dismessi o abbandonati del tutto (chiese monastiche, piccoli monasteri etc.).
Conclusione:
E’ probabile che i due toponimi: Santo Eramo (riferito all’eremo S.Angeli)  e Sancto Erasmi (riferito al monastero benedettino a seguito della politica espansionistica normanna) si siano avvicendati . Sulle carte rinascimentali era riportato S.ERMO o ERAMO, mentre sugli atti notarili ed ecclesiastici S.Erasmi. Creando una confusione. Perfino il Danti, riporta il toponimo S. Ermo, cartografo dai colori vivaci, dalla perfezione del disegno, dalla precisa denominazione di luoghi, in greco e in latino, dalla posizione esatta dei luoghi,  insomma la realizzazione di una corografia esatta.
Resta il fatto che, Santeramo, trae il suo toponimo originale da SANTO ERMO, ovvero Ermo (santo), e, non da Sant’Erasmo, che se cosi fosse non avrebbe mutato in Santo Eramo (abbiamo casi di toponimi di Sant’Erasmo che non hanno mutato in un millennio).
Anche sulle carte rinascimentali, a partire dal MAGINI, poi Gabriel, Sanson, Guillaume, Bodenehr


 
Le storie municipali e le fantasie intorno al martire erasmiano,  hanno contribuito ad rafforzare la tesi della provenienza erasmiana.
Le ideologie politiche e religiose con la loro presunzione, orgoglio e ignoranza, hanno fatto e fanno disastri, manipolando la realtà, la deformano sul loro modello artificiale e innaturale, stravolgono il senso storico delle cose. Intravvedono cose inesistenti e non vedono le semplici cose che ci sono. La chiesa per allargare i domini abbia volutamente “battezzato” con l’agiotoponimo una comunità già esistente, "spegnendo" il significato del suo antico toponimo.
 
 



 


 
 

 

mercoledì 11 maggio 2016

epigrafe di santeramo - Velasius


Chi poteva essere il “v-ELASIU-s“ di anni 71 (epigrafe età imperiale) interpretato dal Mommsen?

ecco l'epigrafe:
D.M.S.
(v) ELASIV(s) * secondo il Mommsen
IMITIV
A - LXXI
ASI S - G
NVS - PA
B.M.F.

epigrafe rinvenuta in Puglia al confine con la Lucania (Santeramo)

Velasii, origine pompeiana (?)289, 1 attestazione:

􀀁 territorio di Caelia / Azetium (?), Santeramo in Colle

[--- V]elasiu[s] [Pr]imitiv[us], [Vel]asi[u]s G [- - - ]nus, I-II sec. d.C.

CIL IX, 6172, nonché qui § VII.1, n. 16.

289 Il gentilizio Velasius, non altrimenti attestato nella regio II e localmente, appare comunque raro: oltre che in questa iscrizione, i Velasii sono attestati in una iscrizione da Pompei (CIL IV, 9050a), in due iscrizioni parietali da Pompei (CIL IV, 9613; X, 1041) e in una iscrizione da Roma (CIL VI, 21355).

 
alcuni commenti:
DMS = Diis Manibus Sacrum
[V]ELASIV[S = Velasius
]IMITIV[ = [Pr] imitiu [s] ?
A-LXXI = annorum LXXI
HSE = Hic Situs Est
ASI[ ]S-G =Asi[niu]s ?
NUS-PA =??? – pa[tri suo] / pa[trono suo]
BMF = Bene merenti fecit

Attestazioni in epigrafia.
D.M. (senza S) e B.M. (senza F) sono già presenti in iscrizioni del I secolo (EDR 000007)
Il Sacrum di D.M.S. entra nel terzo secolo (EDR 000058). E nella stessa regione (Apulia = II ) dato che la lapide in oggetto è probabilmente quella che è stata trovata a Santeramo (BA).
Anche il “Bene merenti fecit/fecerunt/posuit” è attestato in lapidi del III secolo, stessa regione.
NVS non credo possa essere un’abbreviazione, mi convince di più che sia il termine di un nome in –anus/-enus, della riga precedente, ipotizzando il trattino come fine frase. Se fosse così, si potrebbe leggere:
ASI[ lacuna]S
G[lacuna?]NUS (Gallienus?)
PA
BMF
Ulteriori indagini. Credo che il Mommsen abbia preso un abbaglio sul nome Velasius. Penso piuttosto che si tratti di Gelasius o di Celasius. Entrambi i nomi sono presenti nella Regio II (Apulia) in diverse iscrizioni sepolcrali coeve. Mentre Velasius solo in una singola lapide, zona di Pompei. Dove il VEL etrusco ha significato, stando a quello che ci racconta Strabone e cioè che Pompei sia stata fondata proprio dagli etruschi.
La risposta del Prof. Schmidt
CIL IX 6172

D(is) M(anibus) s(acrum) / [- - - V]elasiu[s] / [- - - Pr]imitiv[us] / [vix(it)] a(nnos) LXXI[3] / h(ic) s(itus) e(st) / [- - - Vel]asi[u]s G[- - -] / [3]nus pa[tri] / b(ene) m(erenti) f(ecit)


Sfortunatamente, non ci sono altri note su Velasius Primitivus e suo figlio Velasius G[- - -]nus.

Cordiali saluti, Manfred Schmidt


dopo accurate ricerche che:
 

a)      Il gentilizio Velasius, non altrimenti attestato nella regio II e localmente, appare comunque raro: oltre che in questa iscrizione, i Velasii sono attestati in una iscrizione da Pompei (CIL IV, 9050a), in due iscrizioni parietali da Pompei (CIL IV, 9613; X, 1041) e in una iscrizione da Roma (CIL VI, 21355);

b)      Nel Dizionario Comparativo Latino-Etrusco di Massimo PITTU:

Velasius antroponimo da confrontare con quello etr. Velasna;

c)       W. Schulze, Zur Geschicte lateinischer Eigennamen, repr. Zürich - Hildesheim 1991, 103: Cf. Etr. velasnei CIE

d)       Velasius risponde non velasei ma velasnei (Studi Trentini di scienze storiche-Vol. 9 e 10 pag 15);

e)      La gens Velasna La donna sepolta nella tomba dei Papsina è una Velasnei Viscenei (studi etruschi , Vol 72, pag 175);

 
Al riguardo, è ipotizzabile che quel Velasius e suo figlio (epigrafe, arco temporale  I-II sec d.C) appartenessero a gente di origine etrusca??(antichi Commercianti che utilizzavano il corridoio adriatico),come relitto linguistico etrusco.
 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 


 
 

 
 

martedì 10 maggio 2016

Antica abitazione

ANTICA ABITAZIONE


Sono stato invitato a visitare un’antica abitazione privata, posta al di sotto del livello della strada di vari metri, la stessa è collocata nel centro più antico del paese (secondo un dettagliato studio scientifico, di cui la pubblicazione in seguito, all’interno di un insediamento romano/Lupatia romana, adiacente ad un centro peuceta/Lupatia peuceta.





Ad un metro circa di profondità dal calpestio della strada vi era un cortile, dallo stesso si dipartivano vari ingressi tutti ancora più profondi di circa 3 metri, alcuni ostruiti da terra di butto


E’ ragionevole pensare che il livello del cortile era ancora più basso, probabilmente riempito nel tempo. I "locali" liberi erano tre, mentre quelli ostruiti 2. Le foto sia scattate al soffitto, sia scattate alle pareti ( foto D- E - F) sono quelle di uno dei locali liberi e, la cosa sorprendente
sono quelle nicchie posizionate a partire da un metro circa dalla pavimentazione (foto G e H). Cosa rappresentavano quelle nicchie scavate nella roccia??
L’impasto è terriccio rosso (malta), è ragionevole ipotizzare che potrebbero trattarsi di colombari romani, secondo il parere, attraverso la visione del materiale fotografico dell’Archeologa Marisa De Spagnolis della Soprintendenza del Lazio. Ipotesi che sposerebbe il fatto che nelle vicinanze vi era una antichissima via (appurata da una cartografia del 1800), ora non più, cioè Via Colombaio (NON è una coincidenza).

lunedì 18 aprile 2016

Sull'Antica Lupatia di Auro Pampaloni e Vito Zullo


Sull’antica Lupatia
con qualche divagazione…
Auro Pampaloni e Vito Zullo
tutti i diritti riservati
Seconda edizione rinnovata ed ampliata

Oggetto dell’indagine
 
 
 
Il presente lavoro si propone di provare a localizzare l’antica Lupatia attraverso  l’analisi delle fonti nonche di tutti gli studi fatti sul tema, al fine di determinare se si  possa confermare o no che l’attuale Santeramo in Colle (BA) coincida con la località che una volta era chiamata Lupatia.

Scopo secondario e quello d’ipotizzare la data della sua fondazione, o meglio provare  a supporre quando possa essere accaduta la prima connotazione poleonimica. Non e  
 
detto infatti che, come dice correttamente Giovanni Alessio, un nome debba nascere

necessariamente con la fondazione di una citta e non possa invece a essa preesistere7.





Dimensione spaziale dell’indagine
 
 
 
Pensiamo che sia opportuno distinguere fra micro e macro areale dell’indagine.

Poiche non sempre nell’area piu limitata si possono trovare dati ed evidenze rilevanti  ai fini della ricerca, abbiamo ritenuto necessario allargare l’orizzonte geografico fino a  trovarne.

Il che non significa che l’interpolazione sia una tecnica sempre valida: ma essa ci  fornisce una probabilità che, in assenza di altri dati, ha un suo valore.

L’indagine e quindi primariamente focalizzata sulla Peucezia, la terra abitata dai  Peuceti, ma senza perder di vista la Puglia intera, che chiameremo Apulia solo per 
distinguerla dalla attuale8 e per darle una connotazione sospesa nel tempo.



Per una serie di motivi che appariranno piu chiari nel prosieguo dell’indagine, e stato  necessario operare confronti con altre aree geografiche della penisola italica.
 
Orizzonte temporale dell’indagine
 
 
 
L’arco cronologico va dal Neolitico al V secolo a.C.

Siamo stati costretti a risalire cosi indietro nel tempo poiche solo dall’analisi, sia pur sommaria, di tutta la traiettoria pre e protostorica si capisce come, probabilmente, alcune acquisizioni attuali debbano essere non tanto accantonate, quanto almeno ridiscusse e valutate secondo ottiche in parte anche diverse da quelle tradizionali.
 
Metodica9 dell’indagine



La metodica dello studio non e quella convenzionale: l’approccio e l’intero percorso, a causa dell’estrazione degli autori, assume piu la forma di un’indagine scientifica.

Con ciò non si vuole affermare che molte altre indagini similari non lo siano, il che sarebbe poco corretto, ma solo che l’enfasi della ricerca e basata principalmente su contributi di natura quantitativa.

Oltre ai tradizionali strumenti di ogni indagine storiografica cioe le fonti e i reperti che l’archeologia ci mette a disposizione, si sono condotte valutazioni circa i dati  
prodotti dagli studi di archeogenetica10, di paleoclimatologia, di paleoeconomia, di paleobiologia11, nonche dai contributi della linguistica storica12
 
.  
Purtroppo l’area in esame e il periodo storico non si sono per niente rivelati ricchi di qualsivoglia informazione, anzi e vero il contrario.

Inoltre la stragrande maggioranza dei lavori dedicati a temi affini o contigui, risulta spesso esclusivamente imperniata sulle fonti letterarie.

Noi, al contrario, abbiamo preferito adottare un uso mirato delle fonti
concentrandoci solo su quelle geografiche, in quanto i possibili errori delle stesse sono dovuti a fenomeni13 che prescindono dalla volonta degli autori.

Come ormai accettato14 da molti storiografi recenti15, tutte16 le fonti, siano esse greche17 o latine18, danno notizie che sono tendenziosamente19 distorte.20
continua......

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

mercoledì 29 dicembre 2010

SANTERAMO: La LUPATIA , Contrada Lupito e Case Lupito

Secondo uno studio metodico di A.Pampaloni e vito zullo, il centro dell'area di probabilità dell’Antica Lupatia coinciderebbe con la periferia Nord-Est di Santeramo (studi che verranno pubblicati in seguito).
Per l’individuazione della LUPATIA, secondo lo studio Pampaloni – Zullo, si sta cercando un insediamento di epoca romana e quindi i luoghi peuceti, tipo Monte Sannace, ci potrebbero aiutare solo nel caso che
ci fosse una continuità topologica fra l'origine del nome e l'insediamento stesso. Cosa ragionevole, ma non obbligatoria.
Ora se diamo per ipotesi che l'etimo derivi dall'acqua, in particolare dalle paludi a nord di Santeramo presenti nel V secolo a.c. e rigenerate nel 1500 per la PEG e quindi Lupatia significherebbe "Acque morte" (Lago di Battaglia) é plausibile che nel corso dei secoli vi siano stati diversi insediamenti con differenti localizzazioni, che poi sono confluiti nell'attuale Santeramo, proprio come è accaduto con l'attuale Acquaviva (Cortomartino, Salentino ed in età romana Masseria del Capitolo).

Al riguardo, è stato riscontrato che nella zona N-NE di Santeramo
nella mappa catastale n. 35, i toponimi Lupito e "Case Lupito" (strana coincidenza???).
Nelle vicinanze, vi è un altro toponimo "Masseria Scoffolatorre" che in vernacolo significa "Torre crollata"
http://www.alessandroguido.it/auerr/Vocabolo.asp?id=264.
Probabilmente nella zona vi era una torre di avvistamento o di edificio (quota altimetrica di circa metri 400 s.l.m.). Inoltre più a Sud di Case Lupito, nei pressi di "Lama di Spine", vi è Masseria Difesa.
Adesso, non mi resta che cercare qualche atto notarile/ecclesiastico per rintracciare l'antico e originale toponimo di LUPITO. Gli atti notarili partono dal 1600, mentre quelli ecclesiastici benefici, censi ed altri sono andati distrutti (così mi riferisce l’addetto della Chiesa Madre di Santeramo).

In ogni modo, la zona di LUPITO e simile a quella di Monte Sannace (aspetto geomorfologico del terreno). Ci sono delle strade circolari come se ricalcassero antiche cinte murarie (da approfondire con sopralluogo).
Secondo lo studio Pampaloni-Zullo, è' ragionevole pensare che in età peuceta quindi coeva a Monte Sannace e Santo Mola, vi fosse un insediamento a N-NO dell'attuale Santeramo per spiegare l'etimo di Lupatia? E' ragionevole pensare che oltre a quello ve ne fosse un altro sulla strada Frassineto-Viglione?
E' ragionevole pensare che in età più tarda con la Pax Romana e quindi con il pieno controllo delle campagne il secondo possa aver sostituito il primo? E' ragionevole pensare che successivamente alla invasioni barbariche la logica di stanziamento (presenza di acque, luogo più elevato) abbia condizionato la nascita dell'attuale Santeramo?

Per la strada "Frassineto-Viglione" , nel libro di Antonio DONVITO (archeologo) Monte Sannace - Archeologia e storia di un abitato Peuceta - Schena editore 1990, ho trovato alcuni riferimenti che ci possono servire:

a) uno stralcio della cartina dell'I.G.M. (non più in commercio) con la didascalia (pag149-150 dello stesso libro) nella quale l'autore evidenzia il punto nodale di Masseria Viglione.
b) la pag. 153. Al riguardo, l'autore nelle note, cita e descrive un fiume/canale che ricalcava l'antica viabilità. Il tratto  Canale di Frassineto - verso Ovest/Santeramo, dovrebbe essere quello di nostro interesse.

Finalmente, ho potuto notare che gli autori sono concordi, che vi era una strada Frassineto-Santeramo

Nel leggere un saggio di uno storico di Turi (cittadina) riferito a Frassineto, una citazione riportava una strada di collegamento da Turi per Santeramo. Loro (gli studiosi locali) fanno coincidere l'antica Thuriae con la loro attuale cittadina, secondo questa semplice teoria: distrutta Thuriae gli abitanti si rifugiano a Frassineto. l'insediamento Frassineto scompare  misteriosamente nel medioevo poi gli abitanti conservando la memoria fondano l'attuale Turi (giustificando la memoria storica).
Ritornando a quello strano collegamento Turi-Santeramo (ho immaginato un collegamento Thuriae-Lupatia), strano perché ci sono due territori che ci separano: Acquaviva e Gioia del Colle (Sanmichele è successiva), e al riguardo ho chiesto allo studioso di Turi alcuni dati e fonti.

Un lucido (originale presso l'Archivio di Stato) guarda caso redatto a Santeramo è riportata quella strada che ho evidenziato sopra, ovvero la TURI-SANTERAMO.
Inoltre, una cartina del 1874 che mi è stata data dagli studiosi di Turi, ho cercato di ipotizzare quel percorso che incrocia il canale di Frassineto più ad Ovest.

Una precisazione: gli studiosi di Turi, come pure il Ruta indicano l'insediamento di Frassineto a circa 500 metri dall'incrocio tra la vecchia strada Turi - Gioia del Colle e la strada Putignano-Acquaviva.
Invece, così come riportato nella relazione Pampaloni-Zullo, l'insediamento di Frassineto è a 2 Km a Sud di Sammichele, questa coincide con quella ipotetica strada Turi-Santeramo, appunto che transita dall'attuale Sammichele (località nuova).

Tra le fonti pergamenacee C.D.B. (Codice Diplomatico Barese) grazie al progetto www.pergamopuglia.it , ci sono tutti quegli elementi che potrebbero servirci al fine di tracciare un determinato antico percorso.

In ordine di tempo

A.D. 977 (C.D.B.) - regesto: vengono venduti due pezzi di terra, dai toponimi si evince che sono, necessariamente, nel territorio di Santeramo
- in matina, qui se vocat padule de sepi
- alia pecia qui se vocat puzuplancani

 
Le matine è la pianura che si affaccia sull’Antica Appia (anticamente paludosa) contrada Viglione.
 Il nome deriva o da “Matino” un monte posto al confine della Basilicata, o dal verbo “madeo”, “madidus” ,che significa  appunto umido/bagnato.

Padule de sepi , quest’ultimo toponimo si riscontra anche nella pergamena del 1196 (quella dalla data errata) qui vocatur palus de Sepibus; postea reversi supra matinam Bitecti . Toponimo che dovrebbe corrispondere all’attuale contrada Pantarosa (cordinate: 17-18-19/45-46-47 della mappa Nord/Santeramo).
Padule de Sepi e palus de Sepibus tradotto dovrebbe essere “le palude degli sbarramenti (Sepibus)” , significato che coincide con la contrada “Ramo” della zona (vedi I.G.M. 1876) di “pantarosa”.

Inoltre nella pergamena del 1196 si è certi di un antico collegamento tra la zona Matine (area adiacente all’Appia antica) e la città di Bitetto (collegamento ancora oggi esistente).
Di questa strada ne parla lo storico locale G.De Santis “un’antica strada che, partendo dalla costa adriatica a Giovinazzo giungeva allo Ionio per Bitonto, Palo, Grumo, Masseria La Selvella, Masseria Mercadante, Corte Finocchi (le c.d. grotte di S.Angelo) e Santeramo (la c.d. via di Montefreddo) e per Laterza, Ginosa, Metaponto (la c.d. via della Morsara).

puzuplancani
nome di un appezzamento di terreno (Marcello Aprile - Frammenti dell’antico pugliese) dovrebbe riferirsi ad un “pozzo” (puzu)  e “tavola piana” dal latino planca (
http://www.etimo.it/?term=panca ). Questo appezzamento dovrebbe corrispondere all’attuale “pozzo tavolata” (coordinate: 10-11/ 45-46 della mappa Sud/Santeramo). Neanche a farla apposta “puzuplancani” si trova nella stessa direzione degli altri due toponimi (matine e padule de sepi).
L’aspetto importante è che su quella direttrice (Bitetto-Matine) oltre ai suindicati toponimi, c’era l’insediamento ellenistico di Masseria Giandomenico (quello dei ritagli dei giornali) (cordinate: 11-12/44 della mappa Sud/Santeramo).
Nell’area “Masseria Giandomenico” è ben visibile, inoltre, un villaggio neolitico trincerato. La zona doveva essere molto antica.

A.D. 1195 (C.D.B.) regesto: vengono confermati i diritti di una chiesa collocata in lama Ursara (l’attuale zona “Murgia Morsara” ) (Coordinate: 11-12/47-48-49 mappa Sud/Santeramo. In questa pergamena viene citata un collegamento viario che corre trasversalmente tra la Matina-Bitetto e la strada presunta Frassineto-Viglione (di questa parlo in seguito)  que venit ad lacumentanum et vadit ad curtem defica
Lacumentanum è  l’attuale via Magna Grecia che giunge alla Masseria Comitana (cordinate: 15-16/46-47-48 mappa Nord/Santeramo)
Curtem defica è l’attuale Corte il Fico (già presente sulle cartografie rinascimentali) (coordinate: 14-15-16/51-52-53 mappa Sud/Santeramo)
Questo collegamento viario, è ben visibile ancora il tracciato, attraversa il Bosco della Parata e le “sue” centuriazioni, quest’ultime ancora oggi ben visibili.

A.D. 1196 (C.D.B.) oltre alla serie di elementi tra cui “Sanctum Eramum” con i suoi collegamenti viarie, vi è un toponimo che ci conduce nella parte Nord/Est di Santeramo (la presunta strada che da Frassineto giungerebbe a Viglione??) quod venit a gructa de Musca (direzione opposta naturalmente).
Questo toponimo dovrebbe corrispondere all’attuale “contrada Mosca” di cui la Masseria Mosca che è posta sulla “probabile” strada (coordinate: 19-20/53 mappa Nord/Santeramo) Frassineto-Viglione.

Riguardo all’ipotetico tracciato Frassineto-Viglione ho trovato delle tavole dettagliate dell’atlante RIZZI-ZANONI 1806 (allegati), che potrebbero confermare l’antico percorso:
Santeramo - Candelora/Gioia del C.(incrocio) -  monte sannace - direzione casale di s.Michele..ecc. 
Il percorso che scende verso valle:
Santeramo - Costa di Serra Cornacchia + valle Cornacchia.

In ogni modo, la strada ipotetica dovrebbe corrispondere al tracciato che scende verso la valle (Viglione) la c.d. via della Morsara, lo stesso ricalcalcherebbe in parte la SP per Laterza. Verso la fine,  alternativamente, potrebbe deviare scendendo su di un tratto che corre adiacente alla grande necropoli di Masseria Bonifacio  dove ancora oggi sono visibili da google i tratti della strada, quest’ultima si porta parallelamente verso Ovest passando dall’altra grande necropoli (masseria Giandomenico).
Da notare lungo il percorso della c.d. via della Morsara che, oltre alle centurie di “Bosco della Parata”, sono evidenti altre centurie, quest’ultime nei pressi sia di Masseria Corte Passi (da corte toponimo longobardo) sia da Masseria Soldatiello (toponimo bellico). Infine tracce di centurie si trovano a Sud dove personalmente ho raccolta tanta ceramica a vernice nera e rossa, nonché dove nelle vicinanze è presente un sito neolitico trincerato (masseria Grottillo).